Il testo del filosofo olandese è decisamente, tra le opere che hanno per soggetto il mito di Don Giovanni, il più ostico da affrontare. Questo sia per i risvolti filosofici che rimandano all’analisi che il filosofo effettua nell’ambito del suo “Entent Eller” – che occorrera comprendere prima di affrontare la lettura – sia per lo stile del linguaggio adottato.
Il pensiero di Kierkegaard si snoda, in questa sua prima opera importante, lungo un percorso che vede contrapposte due dimensioni esistenziali:
L’estetica, che riguarda la scelta di chi vive l’attimo, la quale viene illustrata attraverso racconti di seduttori, come Giovanni (non a caso) protagonista del diario del seduttore. Esempi volti ad illustrare la disperazione cui giunge chi conduce una vita dissoluta, irreligiosa.
L’etica, che implica stabilità e continuità, mediante l’adeguamento ad uno schema morale, la quale viene argomentata mediante il concetto di vita matrimoniale.
Caso volle che Kierkegaard rinunciasse al matrimonio, elemento di vita etica e abbandonasse l’idea del sacerdozio, anche per colpa dell’opera mozartiana. – Cosa ragguardevole, per chi si definisce “scrittore religioso”.
La sua interpretazione del Don Giovanni si adatta alle necessità del filosofo. Non usa un approccio che gli permetta di capire il rapporto tra musica e libro, tra opera e mito. Il DG diviene un tassello per il mosaico che sta realizzando. Nel modello estetica-etica il Don Giovanni risulta funzionale, in quanto la musica è il medio per eccellenza del grado più elevato della sensualità (la genialità sensuale). Il testo, quindi, rappresenta principalmente un modo pre approfondire il concetto di estetica kierkegaardiana, ma fornisce un punto di vista interpretativo molto interessante, per quanto complesso, per l’aspetto filosofico dell’opera (alcuni di questi punti sono stati ripresi da altri autori e contenuti in saggi sul Don Giovanni di Mozart)
La prima parte del volume mira a dimostrare perché il Don Giovanni è un’opera classica e perché tra queste è la maggiore.
Si comprende che la musica è, per una materia come la sensualità, il solo medio capace di espressione massima e completa. Più volte lo scritto afferma che il Don Giovanni può esprimersi solo musicalmente. Nemmeno il linguaggio riesce a raggiungere un tale grado di sensualità, essendo questo strumento dell’intelletto e non dell’istinto, della passione. Per tale motivo, si vedrà, la musica è strumento demoniaco.
Questo aspetto viene approfondito ricorrendo al paragone tra l’amore psichico che caratterizza il mito di Faust e quello sensuale del mito di Don Giovanni. Del come il primo sia esprimibile mediante il linguaggio e il secondo possa essere afferrato solo ricorrendo alla musica quale medio.
E’ da sottolineare l’interessante illustrazione dei tre livelli di erotismo rappresentati da Cherubino (Nozze di Figaro) che rappresenta il desiderio sognante; Papageno (Il flauto magico) a rappresentare il desiderio cercante e, appunto Don Giovanni che rappresenta l’apice dell’erotismo con il desiderio desiderante.
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